P.A.C.I.
ISTITUIRE NUOVE TRADIZIONI – TESTO DI ANTONIO PALLOTTA
Non tutti sanno quanta fatica c’è dietro l’organizzazione di un premio d’arte. È stato facile accorgersene dai commenti superficiali e un poco velenosi che questa edizione del P.A.C.I. ha ricevuto per fortuna non da tutti.
Quelli più sterili, rituali e frequenti provengono quasi tutti da coloro che per un principio o una presunzione hanno declinato il nostro invito a partecipare. Ci sono quelli che non possono partecipare perché è oltraggioso che un’artista paghi per offrire una prestazione intellettuale, quelli che “non partecipo perché il livello è dilettantesco”; quelli che “è inammissibile che per un premio d’arte non si costituisca una commissione seria”. Infine quelli che lamentano la mancanza di una selezione e che fanno semplici parallelismi con premi di più affermata e consolidata tradizione.
Sento l’obbligo di rispondere – a questi – non perché abbia il desiderio di fomentare la polemica ma perché avverto la responsabilità di difendere il lavoro – di quelli – (numerosi) che hanno accettato di condividere con noi un progetto. Perché è di questo che si tratta. Sebbene ufficialmente si presenti come un premio d’arte è prematuro definire il P.A.C.I. come tale. Nella sostanza, è infatti e ancora un panetto di argilla senza forma e solo appena sbozzato, dal quale però si intravedono delle potenzialità. Il P.A.C.I. è ancora un grosso cantiere di intenzionalità. Certo, sarebbe tutto più semplice se avessimo avuto contributi da investire. Ma non posso in questo senso puntare il dito contro l’attuale amministrazione comunale che mostra vicinanza ai temi della cultura. In un momento di tagli alla spesa pubblica e crisi sociale la priorità è spostata sulle emergenze occupazionale e delle famiglie.
Quest’anno al P.A.C.I. abbiamo ricevuto 78 richieste di partecipazione, la maggior parte delle quali sono però state adesioni. Abbiamo infatti provveduto ad invitare gli “amici” poiché, la pubblicazione del bando, per una serie di motivi legati principalmente alla mancanza di copertura finanziaria, è partita con molto ritardo. Per questo motivo le richieste di partecipazione sono state tutte esitate positivamente. Se esistono dei margini di miglioramento sulla gerenza del premio, allora queste riguardano innanzitutto i tempi di pubblicazione del bando il quale, per candidarsi ad essere una buona calamita di artisti, e per dare loro il giusto tempo per prepararsi, deve: portarsi almeno a 120 giorni di pubblicazione, anteriori al termine ultimo di scadenza in modo che le richieste possano crescere e sia possibile in base a queste operare una preselezione di qualità; programmare un argomento sempre diverso in aderenza ai temi del sociale e della contemporaneità; dotarsi di un taglio critico necessario a spostare il baricentro della discussione su temi più esclusivi e meno generali, legati anche ad una verosimile avanguardia tipica del territorio molisano. Assolutamente persuaso della convinzione che solo istituendo delle nuove tradizioni, in questo caso artistiche e culturale, si riesca a scongiurare il torpore che affligge la nostra città. Le tradizioni, sono le ultime sentinelle che salvano il nostro paese dal totale stato di decadenza. Non bisogna però aspettarsi da esse effetti immediati perché in quei casi si parlerebbe di miracoli. Le tradizioni diventano tali quando è difficile non reiterarle. Quando tracciano uno iato rispetto a ciò che semplicemente si ripete perché esse trasportano un valore aggiunto, un valore differenziale. Il nostro approccio insiste esattamente nel solco di questo ragionamento.
PREMIO ALLA CARRIERA A NAZZARENO SERRICCHIO
Testo di Gioia Cativa – critico d’arte dell’associazione
“Le cose non nascono da sole”….queste sono le parole che il Maestro Serricchio mi ha detto in uno dei nostri incontri per spiegarmi che quello che siamo e diventeremo è frutto di un percorso, che può essere umano o in questo caso artistico. Serricchio è un artista che ha dato molto all’arte molisana, ha lasciato e continua a lasciare un contributo sempre più importante, significativo per le generazioni future che hanno ed avranno modo di conoscere la sua arte. Non elencherò quello che ha fatto in carriera ma sottolineerò in quale clima culturale nasce la sua produzione, quali sono stati gli stimoli che lo hanno portato ad essere creatore d’arte. Si forma artisticamente ad Isernia, in un clima fortemente assopito dal punto di vista culturale finchè nel 1954 arriva in città il ceramista Giorgio Saturni, che diventerà preside della scuola d’arte e darà impulso e novità nell’ambiente portando con sé professori che ne condividevano il pensiero postmodernista. Saturni aveva appreso i concetti chiave dell’Astrattismo concreto, nato pochissimi anni prima e ne esprimeva i caratteri sperimentali e innovativi modellando le forme in modo assolutamente non tradizionale e tantomeno figurativo. Ad Isernia si circonda di giovani artisti ed allievi che ne apprendono la lezione, che potremmo definire di prima generazione, molto validi e talentuosi, tra cui lo stesso Serricchio, giovanissimo tra l’altro, che iniziano a mostrare la propria arte ravvivando un clima socio-culturale decisamente opaco, fino a quel momento. Saranno i promotori di un movimento locale che vedrà di lì a pochi anni una seconda generazione di artisti altrettanto valida: sarà l’inizio di una rinascita dell’arte locale. Serricchio ha insegnato la capacità di plasmare la materia, il polimaterico è uno degli aspetti più trattati e il materiale sotto le sue mani sembra trovare un’elasticità sconosciuta. Ed è a lui, con la sua storia e il suo apporto all’arte locale, che dedichiamo il premio alla carriera di questa edizione.
Di seguito le opere premiate:
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